giovedì 29 luglio 2010

Petrucci e Fertilia

Agli occhi di un critico d’arte l’architettura del ventennio fascista appare brutta; qualcuno potrebbe obiettare che ciò avvenga più per motivi ideologici che estetici, se è vero che da tempo, soprattutto all’estero, è iniziato un processo di riscoperta e rivalutazione di questo gusto architettonico e di coloro che ne furono i massimi interpreti (alcune opere di Terragni, come la casa del Fascio di Como, o di Libera e Piacentini sono state recentemente restaurate e sono diventate oggetti di studio e culto architettonico) e, come per un effetto domino, sembra ora ridestarsi l’interesse intorno ad un’altra corrente architettonica, quella di Concezio Petrucci, che cercava di mediare tra le innovazioni radicali del razionalismo ed un gusto più classico e tradizionalista. Dunque, se sugli edifici costruiti dagli architetti e dagli urbanisti del regime fra gli anni ’20 e ‘40 pesa un pregiudizio ideologico, figlio di una particolare stagione, diverso comunque deve essere il giudizio dello storico, che scevro da ogni posizione preconcetta, secondo un metro scientifico ed obiettivo, deve apprezzarne il valore di testimonianza di un’epoca.
Fertilia, una borgata del comune di Alghero in provincia di Sassari (Sardegna), forse ancora non incanta il critico d’arte, ma certo rappresenta un prezioso patrimonio monumentale, esempio tra i più nitidi di quell’architettura del ventennio fascista che progettò ed in parte realizzò "citta nuove" in due contesti regionali: il Lazio e la Sardegna. Nel Lazio vennero progettate ed edificate Littoria, Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia; in Sardegna Carbonia, Cortoghiana, Sant’Antioco, Iglesias, Portoscuso, Arborea e Fertilia.
In particolare Fertilia fu un laboratorio, un progetto di città che poté svilupparsi, dall’ideazione all’edificazione, secondo quel gusto sostenuto dal RAMI (Raggruppamento Architetti Moderni Italiani) che come già detto intendeva conciliare la tradizione classica italica con l’innovazione razionalista del MIAR (Movimento Italiano Architettura Razionalista), cercando anch’esso nuove idee per creare un senso logico e al tempo stesso suggestivo fra la strada e la piazza, fra i palazzi e gli spazi vuoti, come De Chirico dipingeva e studiava sulle sue tele.
A più di mezzo secolo di distanza, del regime fascista, per fortuna, non resta nulla, ma sarebbe assurdo non riconoscere, alle testimonianze di ciò che fu la sua ambizione architettonica ed urbanistica, il senso sperimentale, il progetto di città, condivisibile o meno, ma certamente significativo.
Tra le “città nuove” firmate dagli architetti del Ventennio, Fertilia è una tra quelle che possono vantare una più massiccia sopravvivenza dei suoi edifici e del disegno originario.
Fertilia nacque legando il suo destino alla costituzione e all’opera dell’Ente Ferrarese di Colonizzazione, creato per dare lavoro ad un certo numero di famiglie provenienti dalla Bassa del Ferrarese (Polesine); fu edificata da una progettazione che in prima battuta fu affidata ad Arturo Miraglia nel 1935 e che trovò realizzazione definitiva, nel 1937 a firma dell’architetto Concezio Petrucci e dei suoi collaboratori: l’architetto Mario Tufaroli-Luciano, e gli ingegneri Emanuele Filiberto Paolini e Riccardo Silenzi del gruppo 2PST, firmatario anche di altri importanti progetti come Aprilia e Pomezia nel Lazio. Si attribuisce poi a Marcello Piacentini (architetto ufficiale del regime) la realizzazione del plastico e del piano della borgata, conservato per anni nella sala dell’ex cinema. Città nuova per uomini nuovi, utopia sociale e quindi architettura carica di ideologia e militanza, compromessa nell’azione di un regime che la storia condannerà in blocco.
Resta indiscutibile che le vestigia storiche, seppure d’epoca contemporanea, assumono un valore indipendentemente dalle ideologie o dai regimi che le hanno volute erigere ed è nostro dovere conservarle ai posteri, dovere che evidentemente è stato fino ad oggi malinteso da molti degli amministratori locali, dal comune alla regione, a giudicare dallo stato d’abbandono di molti edifici della borgata giuliana (non stupisca l’aggettivo poiché qui si parla ancora un dialetto d’origine giuliana per il massiccio popolamento di profughi istriani dopo l’ultimo conflitto mondiale).
A Fertilia oggi non c’è neppure una via intitolata all’architetto Petrucci che fu il padre degli edifici più importanti della borgata, forse perché qualcuno ritiene giusto cancellare la memoria di un uomo che lavorò per il regime mussoliniano. Poco importa evidentemente ciò che racconta di lui la sua storia personale, il suo coraggio di intessere un rapporto d’amore fino al matrimonio segreto sul finire degli anni trenta (in pieno vigore delle leggi razziali) con l’ebrea Hilde Brat, esule clandestina dalla Germania nazista, o il rifiuto di aderire alla Rsi (Repubblica Sociale Italiana), e poco importa che da più parti oggi si riconosca il suo valore d’architetto e l’interesse della sua opera.
Raffaele Sari Bozzolo

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