domenica 18 luglio 2010

Appunti garibaldini. Garibaldi, Alghero e la Massoneria



Dai documenti consultati presso l’Archivio Storico Comunale di Alghero e la Colleció privada Mellai emergono alcuni nomi di patrioti locali, che agli ordini di Giuseppe Garibaldi, affrontarono diverse campagne di guerra nella drammatica ed eroica stagione del Risorgimento italiano; fra questi spiccano quello del dott. Carlo Fornari e quello di Andrea Dalerci (quest’ultimo era un fedelissimo tamburino!)
Il sindaco di Alghero, all’epoca della rapida visita dell’Eroe nell’estate del 1855, era Giovanni Battista Garibaldi, un suo cugino, appartenente ad una delle famiglie più influenti della città; ma il legame tra l’allora sindaco di Alghero e il Generale andava oltre una parentela tra cugini, li legava infatti un’altra fratellanza forte e profonda, la fratellanza che li univa agli ideali della Libera Muratoria.
L’Eroe dei due Mondi era stato iniziato alla massoneria dieci anni prima, nel 1844, all'età di trentasette anni, nella loggia L'Asil de la Vertud di Montevideo, una loggia irregolare, emanazione della massoneria brasiliana, non riconosciuta dalle principali obbedienze massoniche internazionali, quali erano la Gran Loggia d'Inghilterra e il Grande Oriente di Francia. Sempre nel corso del 1844, il 24 agosto, egli aveva tuttavia regolarizzato la sua posizione presso la loggia Les Amis de la Patrie di Montevideo posta all'obbedienza del Grande Oriente di Parigi.
Soltanto nel giugno 1860, nella Palermo appena conquistata, Garibaldi venne elevato al grado di maestro massone. Il ricostituito Grande Oriente Italiano, inizialmente dominato da esponenti vicini a Cavour, affidò però la carica di gran maestro a Costantino Nigra e conferì a Garibaldi soltanto il titolo onorifico di «primo libero muratore italiano», gratificandolo di una medaglia commemorativa di oro massiccio.Quando Costantino Nigra rassegnò le dimissioni da gran maestro e un’assemblea straordinaria fu chiamata a eleggere il suo successore, il prescelto risultò Filippo Cordova, già ministro di Cavour, che prevalse su Garibaldi con 15 voti contro 13. Era il 1° marzo 1862. Pochi giorni dopo il Supremo Consiglio del Rito Scozzese di Palermo, luogo di raccolta di massoni italiani di fede repubblicana e radicale, decise di sottolineare la propria autonomia rispetto a Torino e conferì a Garibaldi, insignito da Crispi dei gradi scozzesi dal 4° al 33°, il titolo di gran maestro. Sempre nel 1862 e sempre in Sicilia Garibaldi “presenziò all'iniziazione di suo figlio Menotti (il 1 luglio) e firmò egli stesso (il 3 luglio) la proposta di affiliazione dell'intero suo stato maggiore.Nel 1867, dopo aver ascoltato l'appello di Garibaldi all'unità massonica ed aver dichiarato di ritenere i massoni “eletta porzione del popolo italiano”, la Costituente Massonica di Napoli lo eleggerà Gran Maestro Onorario del Grande Oriente d'Italia.
La prima vera Costituente massonica italiana si tenne a Firenze nel maggio 1864 con la partecipazione di 72 delegati ed elesse proprio Garibaldi, a larghissima maggioranza, come nuovo gran maestro; carica che mantenne per pochissimi mesi.
Nel giugno 1867, pur conservando la carica di gran maestro del Consiglio scozzesista palermitano, “l’eroe dei due mondi” accettò la nomina a gran maestro onorario del Grande Oriente d’Italia che gli venne conferita dalla Costituente massonica di Napoli. Dopo la morte di Garibaldi la Massoneria fu tra le forze politiche e sociali italiane quella che più di altre si incaricò di conservarne la memoria e di alimentarne il mito. Nel momento in cui le classi dirigenti del paese stavano profondendo le maggiori energie per costruire un paradigma identitario nel quale l’intera nazione potesse riconoscersi, la morte dell’eroe popolare per eccellenza mise a disposizione un riferimento simbolico prezioso, capace di affiancare e rafforzare l’ormai insufficiente e sbiadita immagine dinastica. Specialmente negli anni di Crispi, intorno alla figura di Garibaldi si cercò di costruire una religione civile imperniata sul mito laico del Risorgimento, e la Massoneria, all’epoca sotto la guida di Adriano Lemmi, ebbe un ruolo notevolissimo nel favorire la riuscita dell’operazione. Garibaldi fu il nome di gran lunga più diffuso fra quelli dati alle logge della penisola o alle logge italiane d’oltremare (in America Latina, in Africa del Nord, ecc.); altre denominazioni, come Caprera, Luce di Caprera, Leone di Caprera, erano ispirate dalla medesima volontà di rendere omaggio all’eroe nizzardo. La Massoneria promosse inoltre innumerevoli cerimonie, commemorazioni, inaugurazioni di lapidi e monumenti alla memoria di Garibaldi. La più importante di queste iniziative fu l’inaugurazione a Roma del monumento sul Gianicolo, che si tenne emblematicamente il 20 settembre 1895, nel venticinquesimo anniversario di Porta Pia, e vide il massone e capo del governo Francesco Crispi enfatizzare il contributo dato dalle forze laiche e popolari al Risorgimento. Ad Alghero vi sono due targhe che commemorano il passaggio di Giuseppe Garibaldi: una targa marmorea pubblica posta sulla torre antistante il porto, chiamata appunto "torre Garibaldi" . Secondo una tradizione orale, che purtroppo non è suffragata da alcuna documentazione, l'eroe avrebbe pernottato in città, ospite in un locale a metà di via Cavour, lo stesso che una ventina d'anni dopo divenne sede, fino ai giorni nostri, della Società Operaia di Mutuo Soccorso.
Dunque sia la targa sulla torre, sia il presunto luogo del pernottamento, ci rimandano all’unica occasione in cui l’”Eroe dei due mondi” calcò il suolo algherese. Ricostruiamone la cronaca.
Giuseppe Garibaldi, al comando del piroscafo “San Salvatore”, salpato da Genova (1), giunse ad Alghero il 14 agosto 1855, accompagnato dai figli Menotti e Ricciotti, mentre in città era in corso una drammatica epidemia di colera che causò la morte di migliaia di persone; secondo alcuni la ragione del suo viaggio sarebbe stata proprio la volontà di trarre in salvo alcuni suoi parenti che vivevano qui, tra i quali proprio quel già citato sindaco Giovanni Battista Garibaldi, suo cugino e “fratello” massone. Sembra che sull’imbarcazione, che ripartì all’indomani per fare ritorno a Genova, trovarono posto le famiglie Costa, Bolasco, Piccinelli, Peretti e naturalmente Garibaldi, tutte in qualche modo imparentate o legate da affetti ed ideali con “l’eroe dei due mondi” e tutte, manco a dirlo, con loro illustri componenti nelle fila della massoneria locale. Dette famiglie erano state promotrici e finanziatrici di tale spedizione di salvataggio, ordinando di fatto il piroscafo e finanziandone tutte le spese. Garibaldi aveva probabilmente accettato o persino voluto guidare personalmente lo scafo per procacciarsi future donazioni e riconoscenze utili alle sue imprese militari, fra le quali, da lì a poco, l’impresa dei Mille.
Non a caso nell’archivio storico comunale è conservata una lettera autografa che anni dopo il Generale inviò al Sindaco di Alghero per chiedergli di estendere le sue lodi e la sua riconoscenza ai molti che in città avevano voluto sostenere la lotta per l’indipendenza e l’unità della Patria.
Tornando alla visita lampo di Garibaldi in quell’estate 1855, secondo alcuni, coincise solo fortuitamente con l’epidemia di colera, poiché egli avrebbe semplicemente colto l’occasione per un ben diverso e segreto motivo: una specie di missione diplomatica per mettere fine a certe vivaci discordie scoppiate in seno alla massoneria algherese. Quest’ultima ipotesi è tanto diffusa da essere data per certa fra le note storiche dei cartelli bronzei recentemente posti a descrizione dei principali monumenti cittadini; ma di questo secondo fine non ne resta traccia in nessun documento e dobbiamo credere tragga origine da un passa parola proveniente proprio dalla tradizione delle logge locali.
All’epoca la massoneria era già presente ad Alghero con varie associazioni filantropiche e la già citata loggia l’”Antro di Nettuno”; sciolta questa, forse si fondò la documentata loggia “Giuseppe Dolfi” dalla quale anni dopo si originò anche la “Fratellanza Artigiana” (1870) della quale risulterà primo segretario tale Antonio Garibaldi, a sottolineare una volta di più, l’allora indissolubile legame tra la massoneria locale e i Garibaldi. In seguito in città sorse anche una loggia intitolata proprio a Giuseppe Garibaldi.
La famiglia Garibaldi viveva nel palazzo che sovrasta Porto Salve e questo edificio restò tradizionalmente caro ai liberi muratori e agli anti clericali, tanto che molti di essi, nella prima metà del ‘900, affiliati all’associazione anticlericale “Giordano Bruno” entrando in piazza Civica dal porto o facendo il percorso inverso, giunti lì sotto, si toglievano il cappello in segno di rispettoso omaggio, destando la curiosità di chi – come Michele Chessa in “Racconti algheresi” – credeva fosse il segno di una strana e contraddittoria devozione alla madonna dei pescatori che è ospitata in una nicchia di quello stesso passaggio. Sul lato sinistro di chi passa dalla piazza al porto attraverso questo passaggio, c’era una stalla dove venivano conservati i cavalli ed un elegante e barocco carro funebre che veniva utilizzato per accompagnare verso “l’eterno Oriente” i massoni defunti.
In verità, nella nostra città, vi sono altre tracce che ci riportano ai personaggi e agli ideali dell’epopea garibaldina; ad esempio, la famiglia Zoagli, d’antica nobiltà genovese, ma di forte radicamento algherese (da quando un Agostino Zoagli vi si trasferì in veste di amministratore dei beni dell’ammiraglio tedesco Von Tirpiz), vanta diretta discendenza da quella Adelaide Zoagli Mameli madre di Goffredo Mameli, eroe garibaldino caduto a soli 22 anni nella battaglia del Gianicolo e firmatario dell’Inno d’Italia. In virtù di questa parentela la famiglia Zoagli conserva ancora oggi alcuni cimeli dello stesso sfortunato Goffredo.
Difficile poi catalogare le molte lettere ed i biglietti autografi dello stesso Giuseppe Garibaldi che fanno “riservato” lustro negli archivi di alcune famiglie locali o il notevole numero dipinti e ritratti (su tela, a carboncino, a ricamo) dedicati all’”Eroe dei due mondi”, che qui possiamo ritrovare sempre tra i beni e le collezioni di privati.


Raffaele Sari Bozzolo



1. Salpato da Genova e non da Caprera, come erroneamente riportano alcuni storici locali; infatti Garibaldi acquistò una parte dell’isola dell’arcipelago maddalenino solo tre mesi dopo, nel novembre del 1855; inoltre un libretto marittimo di matricolazione di Garibaldi – esposto al Museo del Risorgimento Italiano a Milano - risulta a lui rilasciato a Genova proprio il giorno prima del suo arrivo ad Alghero, il 13 agosto 1855.

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